A Bari quell'angolo nascosto di Albania con secoli di storia - Turismo in Albania

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domenica 26 aprile 2009

A Bari quell'angolo nascosto di Albania con secoli di storia

A Bari quell'angolo nascosto di Albania con secoli di storia

Al Castello svevo in mostra il progetto di recupero di «Mesopotam»

di ENRICA SIMONETTI

Una collinetta tra pascoli invernali: sorge qui, nell'Albania meridionale, uno dei monumenti più interessanti della zona adriatica. Siamo a Mesopotam, di fronte ad una cinta muraria antichissima in cui è racchiusa la chiesa di San Nicola, con l'inconsueta struttura a quattro cupole, con un monastero sulla cui datazione ci sono ancora studi in corso ma che sicuramente era alle dipendenze di Costantinopoli. E non solo: ci sono affreschi, iscrizioni, sculture dall'aria mostruosa che oggi vengono scandagliate con ogni tecnica sperando nel futuro recupero dell'intero sito. Di tutto ciò si parla nella mostra in corso a Bari al castello svevo dal titolo «Albania e Adriatico meridionale» (aperta fino al 9 maggio), un'esposizione documentaria e fotografica che coinvolge un'équipe multidisciplinare e internazionale autrice di studi sull'intera zona, oggi facente parte del comune di Delvina ma ieri corripondente ad una parte dell'antica Chaonia, nell'Epiro.

Albania, ai confini con la Grecia: Il fascino di questo complesso monumentale praticamente sconosciuto in Europa è innegabile. E si nota nei pannelli esposti al castello, ai quali si accompagnano alcune immagini di Massimiliano Fusari, il quale con il suo obiettivo ha scavato nei rilievi scultorei, nelle teste di cane e di draghi in volo che si scoprono tra le mura del monastero. La chiesa di Mesopotam è intitolata a San Nicola, santo tra Oriente e Occidente e ha in sé il senso di questa «porta» tra due mondi. Le quattro cupole sono sostenute da una colonna nella zona absidale che è il risultato di un restauro avvenuto nel 1700, mentre la struttura potrebbe risalire al 1220-1225, cosa che si evince anche dai personaggi in vesti imperiali che si notano in alcuni resti di affreschi. I rilievi con laser-scanner ispezionano anche le parti scultoree e le suggestioni culturali sono tante.

L'Albania, con la sua storia lunghissima che parte dagli illiri e, attraverso i romani, i barbari, i bizantini e poi normanni, svevi, serbi, angioini e veneziani, giunge al lungo impero ottomano (1468-1912) è una terra piena di fascino esotico. Lo capirono anche i grandi viaggiatori del passato come Lord Byron, mentre gli studi di oggi anche sui siti archeologici s'indirizzano ad un recupero che potrebbe creare turismo culturale in un Paese che ha tanta voglia di rinascere. Gli accordi tra le università si moltiplicano, gli scambi culturali proliferano. Il progetto del Centro interdipartimentale di Studi Balcanici dell'Università Ca’ Foscari è sostenuto dalla sezione cultura dell'Ufficio Unesco di Venezia (Bresce) nell'ambito dei programmi di supporto alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale dei Paesi del sud-est europeo e si basa sulla collaborazione scicentifica internazionale e interdisciplinare, prevedendo anche la formazione di quadri di esperti locali del restauro. L'Istituto dei Monumenti di Cultura (Imk) del Ministero della Cultura della Repubblica di Albania ha appoggiato il progetto. Il supporto finanziario e morale fornito dall'Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia ha reso possibile la realizzazione di varie campagne di studio in Albania dal 2006 al 2008 e la mostra documenta questo impegno. Il legame con la Puglia è dato dall'attività di studio e ricerca condotta da alcuni anni sui territori pugliesi dell'opposta sponda dell'Adriatico da un'équipe di ricercatori diretta da Pina Belli D'Elia. Nonostante forse alcune divergenze di azione, tra Italia e Albania stanno nascendo molti progetti futuro in questo campo.

L’Italia vorrebbe proseguire la fase di studio e non passare immediatamente agli interventi. Ma le analogie di metodo sono decisive e gli sviluppi di studio interessano molto gli esperti del campo: «L’Albania per tutto il Medio Evo è un campo di transito praticamente obblicato - dice la prof. Pina Belli D’Elia - e per tanto tempo tutte queste testimonianze sono rimaste furi dalla nostra possibilità di analisi. Ma sono studi che vale la pena di intraprendere. Basti pensare che si potrebbe ipotizzare nella stessa chiesa di San Nicola di Mesopotam un doppio culto, ortodosso e cattolico». Nella mostra sono presentati studi sui monumenti e sul territorio albanese condotti da tre équipe di studio appartenenti a 4 università: Ca’ Foscari, Politecnico di Milano, Università di Bari e Koç University di Istanbul in collaborazione con gli stagisti albanesi e con l'architetto Reshat Gega, responsabile locale del progetto Mesopotam.

fonte : http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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